LETTORE: Massimiliano Chindemi
Laureato di Primo Livello in “Scienze e Tecniche della Comunicazione”,
Laureando nella Laurea Specialistica di “Filologia Moderna”
AUTORI: Donatella della Porta – Mario Diani
ESTREMI BIBLIOGRAFICI: Il Mulino, 2004
CARATTERISTICHE TECNICHE: Il volume è composto da 6 capitoli ed è corredato di grafici e tabelle informative.
PAROLE CHIAVE:
Ø Ambientalismo
Ø Movimenti di protesta a favore dell’ambiente
Ø Istituzionalizzazione delle organizzazioni ambientaliste italiane
Ø Scarso impatto sulla società delle organizzazioni ambientaliste italiane
Ø Limitata scientificità dell’ambientalismo italiano
Ø Scarsa professionalità delle associazioni ambientaliste italiane
Ø Disinteresse per l’ambiente da parte dei media italiani
Ø Ruolo dei comitati cittadini e locali in Italia
Ø Globalizzazione e degrado ambientale
CENNI SUGLI AUTORI:
Donatella della Porta è docente di sociologia presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Tra le sue pubblicazioni si segnalano: “I partiti Politici” (2001), “I New Global” (2003), “Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla liberazione ai no global” (2004).
Mario Diani è docente di Sociologia del Mutamento nella Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento. Tra i suoi scritti si segnala: “Isole nell’arcipelago. Il movimento ecologista in Italia” (1988).
IDEE PORTANTI:
Ø In Italia, tra gli anni 1980 e 1990, si è evidenziato un calo dei movimenti di protesta ambientalisti, non dovuto ad una diminuzione di tali azioni, ma al processo di istituzionalizzazione che ha investito le organizzazioni ambientaliste.
Ø A livello nazionale tra le associazioni ambientaliste e i comitati dei cittadini intercorrono notevoli differenze, soprattutto per ciò che concerne le forme di protesta adottate dalle due entità (molto più attente ai rapporti con le Istituzioni le prime, assai meno diplomatici i secondi).
Ø L’aumento delle mobilitazioni sulla questione della globalizzazione ha avuto un forte impatto sull’azione ambientalista, fino a spingere i movimenti ambientalisti ad aderire a tale corrente (ossia, la produzione ed il commercio non possono e non devono andare a danno della natura e della salute dell’uomo).
RIASSUNTO PER CAPITOLI
CAPITOLO I AMBIENTALISMO E POLITICA IN ITALIA
Il primo capitolo del libro non entra immediatamente in merito alla questione dei movimenti ambientalisti, ma ha la funzione di introdurre per grandi linee gli obiettivi che i due autori si propongono di raggiungere attraverso la loro opera, ovvero, quello di evidenziare e cercare di interpretare i mutamenti a cui l’ambientalismo italiano è andato incontro negli ultimi trent’anni.
Gli autori mettono immediatamente in luce come gli argomenti che verranno affrontati nei successivi capitoli verteranno essenzialmente sui rapporti che le varie associazioni ambientaliste hanno instaurato dal 1970 sino agli esordi degli anni Duemila sia con la società civile che con le Istituzioni e, a tal proposito, viene introdotto quello che sarà il tema principale del libro, ovvero, l’istituzionalizzazione dei movimenti ambientalisti, peraltro considerando la graduale integrazione di tali movimenti nel sistema politico italiano, con il conseguente spegnersi del loro impatto sociale.
Nell’ultimo paragrafo viene presentato il modo in cui è stato strutturato il libro e si accenna a ciò che verrà analizzato in ogni singolo paragrafo, precisando che i dati su cui si basa la trattazione sono stati raccolti dagli autori in occasione della loro partecipazione ad una ricerca comparata sulle “Transformations of Environmental Activism” finanziata dalla Commissione Europea.
CAPITOLO II DAI REFERENDUM ANTINUCLEARI AL GOVERNO PRODI[1]: DIECI ANNI DI PROTESTA AMBINTALISTA
Nel capitolo viene ricostruita l’evoluzione dell’ambientalismo italiano alla luce dei principali eventi di protesta da esso promossi nell’arco del decennio 1988-1997, ovvero, dal periodo immediatamente successivo ai referendum antinuclerari del 1987 sino all’avvento del primo governo Prodi. Tale evoluzione viene ricostruita attraverso lo studio di alcuni quotidiani a diffusione nazionale e locale in modo tale da poter comprendere come gli eventi di protesta siano stati analizzati e proposti dalla stampa. Gli autori esordiscono ponendosi alcune domande sulle effettive capacità di mobilitazione dell’ambientalismo rispetto al decennio precedente e le risposte a tali quesiti vengono date tramite un’attenta analisi dei quotidiani stessi. I giornali, infatti, possono essere considerati come lo specchio dell’interesse nazionale e locale verso una determinata tematica, in questo caso la mobilitazione dell’ambientalismo.
Preso in analisi uno dei più importanti quotidiani italiani, “La Repubblica”, si riscontra che tra il 1988 ed il 1997, il 50% dei numeri della testata hanno registrato 328 eventi di protesta di rilevanza nazionale (di cui la metà nel triennio 1988-1990), dato nettamente inferiore rispetto agli oltre 1000 eventi di protesta che nello stesso arco di tempo sono stati registrati in Inghilterra e Germania.
Nel 1987, in seguito alla vittoria nel referendum antinucleare, gli ambientalisti tentano di estendere la mobilitazione verso altri obiettivi come la pericolosità degli impianti industriali ad alto rischio e lo svuotamento delle cisterne delle petroliere vicino alle coste. Tuttavia nel 1991, in seguito al fallimento del referendum del 1990 riguardante la limitazione dell’uso dei pesticidi e la pratica della caccia, inizia ad avvertirsi un calo della mobilitazione. Tra il 1991 ed il 1993 si realizza solo un terzo delle proteste del triennio precedente ed anche il Partito dei Verdi ottiene risultati modesti nelle elezioni del 1992 e del 1994. Oltre a ciò, anche l’attenzione che i giornali prestavano alle questioni ambientali tende ad affievolirsi per l’emergere di nuove problematiche come corruzione politica, fiscalità e immigrazione.
Nel 1995 sembra esservi una ripresa di interesse e di attivismo dovute alle sperimentazioni nucleari da parte dei Francesi nell’atollo di Mururoa, ma già nel 1996 si avverte di nuovo un forte calo di interesse e di scarsa mobilitazione.
L’analisi dei numeri de “La Repubblica” e di altri quotidiani potrebbe far pensare che il movimento ambientalista stesse attraversando una fase di forte crisi e che tale crisi fosse oramai di tipo irreversibile. Tuttavia, a livello locale, il movimento ambientalista non sembra essere poi tanto in calo ed inoltre non bisogna certamente ignorare coloro i quali, senza clamori, si propongono attraverso opere di volontariato (Spiagge pulite - Bosco pulito) l’obiettivo di produrre effetti positivi per la collettività.
Negli ultimi due paragrafi del capitolo, gli autori si occupano principalmente delle organizzazioni ambientaliste in Italia (Greenpeace, Italia Nostra, Amici della Terra, LAV, Legambiente, Lipu e WWF) tracciandone il pensiero e descrivendone le peculiarità ed il modus operandi.
L’analisi delle principali organizzazioni italiane risulta essere decisiva al fine di dare una risposta alle domande che erano state formulate ad inizio capitolo. Il motivo per cui non vi è più la stessa attenzione dei giornali nei confronti delle proteste ambientaliste non è dovuto tanto al fatto che le azioni delle organizzazioni siano diminuite, ma è dovuto al così detto fenomeno di istituzionalizzazione, attraverso il quale le organizzazioni ambientaliste hanno fortemente diminuito la propria incisività di protesta, divenendo (ed assumendo le funzioni di) gruppi di interesse pubblico.
CAPITOLO III L’AMBIENTALISMO ORGANIZZATO: PERCORSI DI ISTITUZIONALIZZAZIONE?
Il terzo capitolo è dedicato interamente alle associazioni ambientaliste ed in particolare all’evoluzione che esse hanno seguito dagli anni 1970 sino al 2004, soffermandosi principalmente sui metodi da esse utilizzate, sulla loro organizzazione e sul rapporto che nel corso degli anni si è venuto a creare tra di esse.
Negli anni 1970 vi era una netta differenza tra organizzazioni ambientaliste con approcci di tipo conservazionista, di stampo tradizionale, in cui la relazione tra uomo e ambiente era letta prevalentemente in termini etici ed estetici (intesi come sviluppo economico sostenibile) con una bassa attenzione alle sue implicazioni sociali e le organizzazioni che si rifanno al cosiddetto “ecologismo politico”, in cui l’obiettivo si spostava dalla difesa ambientale al cambiamento degli elementi responsabili del degrado ambientale. Il soggetto ed il filone di pensiero verso cui muovere i propri attacchi è, in questo caso, il sistema di produzione capitalistico, il consumismo, la globalizzazione economica.
Negli anni 1980 tali differenze si assottigliarono e non rappresentarono più un ostacolo alla collaborazione di associazioni di diverso orientamento.
Nella decade 2000, le associazioni ambientaliste non mostrano un alto livello di specializzazione e coscienza altamente scientifica. Vi è al contrario la costante ricerca di un discorso generale che colleghi l’ecologia con la giustizia sociale. Le attenzioni delle rivendicazioni sono rivolte soprattutto all’ecologismo urbano, alla difesa della natura ed alle produzioni tecnologiche di tipo alternativo, trascurando invece temi fondamentali come la tutela dei diritti degli animali e delle piante, la tutela delle biodiversità, la questione della penuria idrica mondiale, il Global Warming.
Se si decide di fare un confronto tra i diversi movimenti ambientalisti in Europa si noterà che a differenza delle associazioni tedesche, francesi ed inglesi, le quali risultano essere maggiormente specializzate su un tema specifico, le associazioni italiane tendono a rivolgere la propria attenzione a più settori di intervento.
Inoltre, rispetto alle associazioni degli altri stati europei presi in esame, le associazioni ambientaliste italiane hanno maggiori interazioni nei confronti di altre tipologie di movimenti sociali (Amnesty International, gruppi pacifisti, gruppi impegnati su problemi del terzo mondo etc.).
Nel libro, particolare attenzione viene data altresì al rapporto delle associazioni con i propri associati ed alla capacità economica delle stesse rispetto alle associazioni di altre nazioni.
Se la diffusione territoriale ed il numero di membri tende a crescere sempre di più, il grado di professionalizzazione delle organizzazioni ambientaliste è piuttosto basso; a conferma di ciò, se si guarda alla quantità di impiegati che ricevono remunerazioni per il proprio lavoro, si potrà certamente notare come il numero di impiegati italiani pagati risulta essere nettamente inferiore rispetto alla media degli altri Paesi europei.
Se si analizza altresì il profilo economico delle associazioni, risulterà certamente evidente come la maggior parte del loro reddito provenga quasi esclusivamente dai contributi dei membri o dalle donazioni private, mentre solamente circa un terzo dei gruppi riceve denaro pubblico in percentuale molto limitata. Anche in questo aspetto i governi di altri Paesi europei (tra i quali pure la Grecia) si distinguono nettamente dalla situazione italiana, destinando quote di gran lunga superiori alle associazioni ambientaliste.
Tuttavia, dal 1994 al 2004, i rapporti tra le associazioni ambientaliste e le Istituzioni si sono fortemente intensificati, privilegiando un rapporto di collaborazione alle tradizionali forme dimostrative della protesta (come cortei o comizi).
Un ulteriore ed evidente cambiamento avvenuto in tale periodo all’interno delle associazioni concerne la grande importanza che queste hanno rivolto alle proprie modalità di comunicazione. Le associazioni ambientaliste hanno infatti cominciato a dare sempre più importanza alle proprie relazioni con gli organi di comunicazione (stampa, radio, televisione), ritenendo che essi, grazie alla loro straordinaria capacità di diffondere informazione in ogni dove, sarebbero stati in grado di assolvere alla funzione di sensibilizzare il grande pubblico verso le tematiche ambientali.
Negli ultimi paragrafi del capitolo, gli autori si soffermano ad analizzare le tipologie degli stili organizzativi di quattro associazioni ambientaliste italiane (Legambiente, Amici della Terra, LAV e Greenpeace Italia), concentrando l’analisi sulle differenze che intercorrono tra di esse per ciò che riguarda il proprio livello di centralizzazione, la propensione ad adottare tattiche di protesta o di pressione convenzionale e le modalità di gestione delle proprie risorse.
CAPITOLO IV ASSOCIAZIONI E COMITATI NELLE CITTA’: AMBIENTALISMO E NUOVI CONFINI AMBIENTALI
In questo capitolo gli autori concentrano la propria attenzione sulle modalità attraverso cui i movimenti ambientalisti muovano i propri passi in un ambito non più nazionale ma prettamente locale.
La perdita di importanza e di radicamento dei partiti nelle realtà locali tende a stimolare forme di proteste rivolte direttamente alla sfera pubblica attraverso azioni di protesta che possano attirare l’attenzione dei media. La protesta viene organizzata attorno a comitati spontanei di cittadini, i quali si formano per affrontare dei temi specifici, in particolare, tematiche ambientali e tematiche relative alla sicurezza. Entrambe le tematiche appaiono spesso intrecciate nelle discussioni riguardanti la difesa ed il miglioramento della qualità della vita, fuoriuscendo così dal livello delle problematiche ecologiche vere e maggiori sul piano Mondiale. Nelle interviste effettuate per conoscere le idee portanti e le motivazioni sulle quali si formano i comitati, i temi dell’inquinamento e del traffico risultano essere quelli più citati e le forme di protesta adottate dai comitati risultano essere più propositive che reattive.
Un’importante differenza da evidenziare è quella riguardante il diverso grado di operosità tra comitati e le associazioni ambientaliste; i comitati, infatti, risultano essere più radicati sul territorio, mentre la associazioni ambientaliste affrontano il tema ambientale in maniera più ampia (protezione degli animali, educazione al rispetto per l’ambiente, etc.).
Scopo dei comitati è quello di cercare di svolgere la funzione che i partiti avrebbero dovuto effettuare, ovvero interessarsi concretamente di determinate problematiche riguardanti l’interesse comune. Numerosi comitati hanno tuttavia chiaramente affermato di non voler raggiungere i propri fini compiendo atti rivoluzionari, ma bensì cercando di convincere le amministrazioni della bontà delle proprie ragioni, cercando di agire principalmente attraverso forme moderate.
Benché continuino a definirsi apartitici, i comitati dichiarano di avere regolarmente dei contatti con i membri dei partiti per poter poi avere l’opportunità di essere ascoltati nelle sedi istituzionali con maggiore efficacia. Ovviamente, per tematiche trattate e per modalità di organizzazione, i comitati hanno i propri contatti principalmente con il governo locale mentre le associazioni possono godere di più frequenti e stabili contatti con Istituzioni nazionali ed europee grazie alla dimensione delle loro organizzazioni ed all’ampiezza dei loro obiettivi.
CAPITOLO V PROTESTA LOCALE ED OPERE AD ALTO IMPATTO AMBIENTALE:
IL CASO DELL’ALTA VELOCITA’
Nel quinto capitolo viene preso in esame uno specifico caso di protesta. Viene infatti analizzata la protesta che gli abitanti dei comuni del Mugello (Firenze) hanno istituito nei confronti del progetto proposto dalle Istituzioni riguardante la creazione di una linea ferroviaria ad alta velocità. Il metodo utilizzato per lo studio di questo specifico caso, è stato quello dell’analisi dei cicli di protesta, ovvero lo studio dei periodi durante i quali la protesta si amplia o viceversa perde di intensità.
Lo studio di una campagna di protesta in tutte le sue manifestazioni, ha consentito di poter analizzare le interazioni tra i vari gruppi ambientalisti ed il loro ruolo all’interno della vicenda. Nello studiare l’evolversi dei fatti si è potuto osservare che nelle campagne di protesta, in particolar modo a livello locale, tendono a formarsi alleanze temporanee tra comitati e gruppi ambientalisti. La protesta in esame ha infatti coinvolto contemporaneamente le associazioni ambientaliste nazionali, i comitati locali, nati soprattutto nelle aree minacciate dal progetto Alta Velocità ed ovviamente i partiti politici e gli attori istituzionali.
Nel corso della protesta, che ha interessato a fasi alterne gli anni tra il 1992 ed il 2000, il rapporto tra attori istituzionali ed il movimento ambientalista da una parte e tra associazioni ambientaliste e comitati dall’altra, è radicalmente cambiato. La causa di tali cambiamenti è da ricercarsi principalmente in un fattore ben definito, ovvero il diverso modo con cui i soggetti in questione hanno interpretato la protesta. I comitati, infatti, nel portare avanti la loro protesta si sono sempre basati sul concetto di protezione del territorio: la difesa dell’ambiente, i diritti della comunità locale a decidere sul proprio destino e l’interesse economico della comunità sono state le argomentazioni portanti della protesta dei comitati nei confronti delle Istituzioni.
Le associazioni ambientaliste, da par loro, si sono sempre dimostrate propense al compromesso con gli organi istituzionali. Italia Nostra, Legambiente ed il WWF, infatti, hanno sempre cercato di favorire un accordo tra le due parti (Istituzioni e comitati), cercando di proporre soluzioni alternative al progetto Alta Velocità, pur mantenendo sempre l’attenzione sull’ambiente e sulla sua difesa.
Tuttavia, dopo anni di opposizioni e di proteste, la Conferenza dei Servizi del marzo del 1999 sancì definitivamente il fallimento della campagna istituita dai comitati locali, dando il nulla osta all’esecuzione della rete ferroviaria Alta Velocità, ed alla costruzione di una nuova stazione in area Belfiore-Macelli (Firenze), respingendo così la proposta delle associazioni di utilizzare la già esistente stazione di Santa Maria Novella in modo da poter produrre un minore impatto sull’ambiente.
CAPITOLO VI: L’AMBIENTALISMO ITALIANO DAI “NUOVI MOVIMENTI SOCIALI” AL MOVIMENTO PER UNA DIVERSA GLOBALIZZAZIONE
In questo capitolo gli autori tirano essenzialmente le somme della propria indagine.
In primo luogo risulta difficilmente sostenibile la tesi di una consistente riduzione del peso dell’ambientalismo nella società italiana. A conferma di ciò vi sono i dati forniti dalle associazioni riguardanti il numero dei propri iscritti, che dimostrano come tale numero sia rimasto pressoché costante nel tempo. Tuttavia, a differenza degli anni 1980, le azioni di protesta sono risultate in forte calo di visibilità. A tale risultato ha certamente contribuito la diminuzione dell’elemento di novità che tali manifestazioni possedevano agli esordi (benché nelle sedi locali tali azioni siano ancora una costante) e la modificazione delle strategie delle principali associazioni ambientaliste, sempre più tendenti ad un processo di istituzionalizzazione.
Per quanto concerne i rapporti delle associazioni con le Istituzioni politiche risulta pressoché evidente come tali rapporti siano sempre più cresciuti durante gli anni 1990. Esse infatti non si sono più appoggiate come elemento di supporto al Partito dei Verdi, bensì sono state impegnate in rapporti concreti e diretti (talvolta collaborativi talvolta conflittuali) con i rappresentanti dei diversi partiti politici, sia a livello nazionale che a livello locale.
Agli inizi degli anni Duemila si è assistito inoltre alla nascita di nuovi movimenti di protesta, ovvero, i movimenti contro la globalizzazione neoliberista. La nascita di tali movimenti ha contribuito a far sì che le associazioni ambientaliste mondiali avessero una sorta di ripensamento sulla possibilità di allargare la propria attenzione su temi più generali e meno locali. Alle mobilitazioni contro la globalizzazione hanno infatti fatto appello molte organizzazioni come WWF e Friends of Earth o, rimanendo in Italia, Legambiente e Lega anti Vivisezione. Molti ecologisti sono passati nel movimento sulla globalizzazione apportando il loro contributo e le loro competenza in materia di ambientalismo.
La critica principale che il Movimento No Global muove nei confronti della globalizzazione, riguarda principalmente la questione che tale processo porti a privilegiare, in nome dello sviluppo, la produzione ed il commercio rispetto alla salvaguardia della natura ed alla difesa della salute dell’uomo.
Sarà proprio su tali motivazioni che l’area ambientalista del Movimento No Global avesse cominciato a condurre le proprie battaglie contro la globalizzazione, le quali ancora oggi, continuano a manifestarsi con notevole continuità e con grande partecipazione all’interno della società italiana.
COMMENTO DEL LETTORE
Il volume “Movimenti senza protesta?” fornisce un analisi veramente esauriente sulla situazione dell’ ambientalismo italiano e sui motivi della sua scarsa incisività.
Proponendo una panoramica dei maggiori eventi di protesta che si sono sviluppati dalla fine degli anni 1980 sino agli esordi degli anni Duemila, gli autori forniscono al lettore una soddisfacente conoscenza di base sull’argomento, mentre l’analisi di una situazione particolare, come quella della protesta contro la linea ferroviaria ad alta velocità in Toscana, risulta essere molto utile al fine di comprendere il meccanismo con cui si sviluppa, in tutti i suoi particolari, un evento di protesta.
Infine, l’uso di tabelle e di grafici, rende ancor più accessibili le informazioni presenti nei vari capitoli, donando così a chi legge la possibilità di poter prendere visione diretta di ciò che gli autori espongono nel proprio lavoro.
Lettura: Maggio – Giugno 2007
massimiliano.chindemi@email.it
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[1] Nota del lettore: data la pubblicazione del libro nel 2004, si tratta del primo governo Prodi (1996-1998)
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